TESTI - Valori espressivi

Guardare e riconoscere
"Sembra che si possa condurre una vita pienamente vantaggiosa senza preoccuparsi dei valori «espressivi». Anzi, in certi momenti questi sono stati condannati come il semplice abbandonarsi a sensazioni piacevoli. Tale bassa stima è stata sorretta dalla particolare terminologia usata in campo artistico per descrivere la natura delle pitture e delle sculture (...) L’arte, si dice comunemente, esprime «emozioni» e viene prodotta mediante stati emotivi. Nasce dai «sentimenti» e comunica sentimenti. Ora, nell’uso comune, termini come emozione e sentimento non godono di una grande considerazione. Una persona emotiva è soggetta ad impulsi irrazionali, è una persona che ragiona male; e i sentimenti, più spesso che no, connotano una conoscenza imprecisa: una persona che non sa con sicurezza fa affidamento sul mero sentimento. Non c’è da meravigliarsi se un’attività basata sull’emozione e sul sentimento desti sospetto". 
Le considerazioni di Rudolf Arnheim (Pensieri sull’Educazione artistica, Aesthetica Edizioni, Palermo 1992) - ricordando quello che amava ripetere Stendhal e cioè che l’arte è una promessa di felicità - ci inducono ad un approfondimento necessario per capire i significati profondi dell’esistenza.


L’educazione artistica e lo sviluppo di una sensibilità estetica non possono essere relegate ai margini del sistema. Per vedere bisogna saper guardare e si impara a guardare molto prima di saper parlare. Il rapporto tra ciò che vediamo e ciò che effettivamente conosciamo è un rapporto ambiguo ed in continua metamorfosi (come ha dimostrato sapientemente Magritte). Siamo circondati da immagini che rimandano e citano altre immagini: è indispensabile tentare di decifrare ciò che riusciamo a distinguere, ciò che in ultima analisi vogliamo vedere. 
L’atto del vedere può essere considerato quasi un momento decisivo di una funzione da mettere in relazione al nostro essere soggetti nel mondo, alla nostra cultura, alla nostra capacità di comprendere le forme, i messaggi e i materiali visivi in cui siamo immersi. Vedere è un atto creativo e non passivo. Non pensa solo la mente, ma anche l’occhio, il tatto, l’udito, capaci come sono di evitare le sensazioni spiacevoli o poco influenti e in grado - fisiologicamente - di amplificare quelle interessanti. 
Queste affermazioni si contrappongono ad uno dei luoghi comuni più forti del pensiero occidentale: che i sensi siano impastati di incertezza e di inganno, e si propongano sempre come condizioni preliminari della conoscenza, non come luogo di conoscenza vera e propria. Ma già Kant si rese conto di una realtà diversa.