TESTI - L'artista trasfigura la realtà

L'ARTISTA E LA REALTA'
"Per un serio apprezzamento dell’arte contemporanea (...) mi sembra necessario tener presenti alcuni principii. E il primo è questo: che il mondo della cultura, nel suo insieme e nei suoi singoli aspetti, è un mondo vivente di un’organica vita complessa. Il suo processo interiore non consiste in un’adeguazione più o meno compiuta della realtà ai puri valori ideali, ma in un infinito e multiforme travagliarsi - dissolversi e ricostituirsi - della realtà per l’intimo urgere in lei dei problemi spirituali che quei valori rappresentano come astratte idee limiti. Anche per ciò che riguarda l’arte, occorre prima d’ogni altra cosa liberarsi dal preconcetto - (...) - che il mondo dell’arte sia da concepire, alla stregua di un museo, come un insieme d’opere distinte, ciascuna in sé compiuta, quale prodotto della genialità d’un artista secondo una tecnica normale via via acquisita, ciascuna rispecchiante in sé, sia pure con forme e sensi differenti, il valore univoco della bellezza che il gusto deve apprezzare e la critica discernere. No, il mondo dell’arte non è questa serie graduata di modelli di perfezione offerti al piacere degli oziosi o alla commozione delle anime belle. Esso è una realtà vivente, in cui il problema della creazione artistica s’attua in forme, sensi, direzioni differenti, infrangendosi in un complesso di esigenze il cui equilibrio varia di continuo a seconda non solo delle energie della vita (...) ma del prevalere dei vari momenti di cui la creazione stessa risulta (...). Ogni opera d’arte vale perciò non in quanto esprime, in un suo aspetto particolare, l’astratto univoco valore della bellezza - che nel gusto si determina solo attraverso le più assurde e grottesche contaminazioni -, ma in quanto partecipa a quella vita dell’arte e vi ha il suo senso e la sua funzione, e al di là della necessità creatrice d’onde è sgorgata, permane in un’assoluta validità come un’essenziale aspetto di trasfigurazione estetica della realtà. Solo all’interno di tale vita dell’arte l’artista opera come artista, cioè come creatore: il suo miracolo geniale è proprio la partecipazione a quella vivente necessità, fuor d’ogni velleità personale, libero da ogni umore del pubblico, sciolto d’ogni schema idealmente astratto, nell’ansia dei suoi concreti problemi. Fuori di ciò egli non fa che accademia o mestiere. E solo all’interno della vita dell’arte, come suoi momenti essenziali di costituzione di sviluppo, hanno senso, efficacia, serietà e fecondità spirituale la contemplazione del pubblico e il giudizio del critico. Fuori di essa non v’è che dilettantismo e pedanteria". (Antonio Banfi, Corrente, n. 4, 28 febbraio 1939-XVII, p. 10)